“Falso quel nome assegnotoci sempre trovai:
emigrante.
Significa esule, si sa. Ma noi
esuli non eravamo per libera scelta,
scegliendo altro paese. E non andavamo
in altra terra per restarvi possibilmente per sempre.
Noi fuggivamo scacciati, banditi.
Né è una nuova patria, esilio è la terra
che ci accoglie.
Sostiamo inquieti, possibilmente presso il confine,
qui, in attesa del giorno del rientro,
qui, spiando al di là del confine ogni più piccolo
mutamento, ponendo accese domande ad ognuno
di là venuto, nulla dimenticato, nulla
tralasciando, e anche nulla che sia accaduto
perdonando, nulla perdonando.
Ahi, la quiete dell’ora non ci illude! Sentiamo
dai loro Lager le grida fino a qui.
Noi stessi quasi siamo d’un qualche crimine sospetti,
noi che potevamo passare le frontiere. Ognuno
di noi, che tra la folla va con scarpe sdrucite,
attesta il disonore che nostra terra macchia.
No, nessuno di noi vuol restare.
Non è ancora detta la parola ultima.”
- Bertolt Brecht, Sulla denominazione emigrante da Poesie inedite sull’amore. Poesie politiche e varie (via luomocheleggevalibri)
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