lunedì 11 febbraio 2013

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L' Adamo ed Eva della letteratura anglosassone

Ricordate la storia delle sette figlie di Eva? la teoria di un professore di genetica di Oxford che mappando il DNA mitocondriale (quella parte del codice genetico che si trasmette inalterato da madre a figlio) di 6000 europei ha identificato 7 ceppi da far risalire appunto a 7 donne: le sette figlie di Eva che hanno popolato il continente europeo e da cui noi discendiamo.

Si può fare un qualcosa di analogo in letteratura? Non parliamo ovviamente di DNA, ma utilizzando le parole del filologo russo Aleksandr Veselovskij il compito degli studiosi di letteratura non è di valutare i contributi specifici di singoli scrittori, ma di individuare "le formule poetiche migratorie", osservando la loro comparsa in contesti diversi, e risalire alla loro origine:
The main concern of the literary historian is not
with assessing the unique contributions of
individual writers, but with spotting the
migratory poetic formulae; accounting for their
appearance in various ethnic milieus. . . and
tracing them through all vicissitudes back to
the starting point.
Aleksandr Veselovsky (Translation by Erlich 1981)

In altre parole, si può immaginare di individuare stili e temi comuni a più scrittori e risalire a quell'autore o quel gruppo di autori da cui sono originati? Dopotutto temi e stile letterari sono parte di un sistema di influenza, gli autori creano prendendo da chi li ha preceduti - basta pensare al famoso aforisma di Oscar Wilde "il talento imita, il genio ruba"; anche la creatività è questione di evoluzione più che di volontà. Un recente studio di Matthew L. Jockers, della University of Nebraska-Lincoln, pubblicato in “Macroanalysis: Digital Methods and Literary History” ha cercato di fare questo lavoro sugli scrittori di lingua inglese dell'800. 

Dovendo pensare agli scrittori dell'800 inglese che hanno esercitato più influenza sui loro contemporanei a me verrebbero in mente Charles Dickens, Thomas Hardy, Melville, Twain, Jane Austen...  l'elenco, più o meno lungo, dipenderà dai gusti e dalle letture. Ma se dovessimo ordinarli per importanza? per capire se qualcuno ha influenzato in misura maggiore gli altri? Volendo procedere con metodo bisognerebbe leggere i loro lavori per trovare somiglianze di stile tra i libri pubblicati prima e dopo. E' un lavoro ragionevole se si devono confrontare 2, 3, 4 autori. Ma volendo farlo su tutti gli scrittori di lingua inglese dell'800?

Svelo subito che Jockers è arrivato alla conclusione che Jane Austen e Walter Scott sono gli scrittori che hanno esercitato l'influenza maggiore sia sullo stile che sulle scelte tematiche degli scrittori anglosassoni del IXX secolo. Ritornando alla metafora del DNA, con un'immagine molto significativa,  Sir Walter Scott e Jane Austen sono l'equivalente letterario dell'Homo erectus o, se si preferisce, Adamo ed Eva della letteratura anglosassone.

Come si è arrivati a questo risultato? attraverso l'analisi di 3592 opere pubblicate tra il 1780 e il 1900. Una sgobbata,  ma ci ha pensato un computer. 
I 3592 libri considerati nell'analisi sono stati scritti da autori inglesi, irlandesi e americani; scrittori e scrittrici sono equamente rappresentati. Da ogni libro sono state estratte le informazioni riguardanti lo stile utilizzando la tecnica classica utilizzata nelle analisi di authorship o di attribuzione dell'autore: per ciascuna parola e segno di interpunzione ne è stata calcolata la frequenza relativa (in %) nel testo; sono poi state escluse quelle parole e quei segni la cui frequenza relativa era inferiore ad una determinata soglia (10%).
Per l'estrazione dei pattern tematici è stata invece utilizzata un'analisi statistica basata sulle classi latenti (Latent Dirichlet Allocation). Il dato estratto consiste nel numero di volte (in percentuale) che uno specifico tema ricorre nel testo.

Questi due tipi di dati, uno che identifica i pattern stilistici e l'altro quelli tematici, sono stati considerati insieme al fine di calcolare una distanza (numerica) di ciascun libro da tutti gli altri, come nella seguente figura in cui per esempio il Book One ha una distanza pari a 8.6 dal Book Two. I libri con distanza maggiore sono quelli meno simili tra loro



Queste distanze numeriche sono state poi raffigurate utilizzando un metodo di visualizzazione basato sulle reti che permette di rappresentare graficamente la distanza tra coppie di libri: il primo considerato come 'libro riferimento' e il secondo come 'libro target' che ha una data di pubblicazione posteriore a quella del libro riferimento.

La rete risultante, nella figura sotto, ha una forma decisamente evocativa di una matassa disordinata di fili. Ma come tutte le matasse si può tentare di sgrovigliarla. La rete è composta da tanti nodi (i libri) collegati da linee.

Figure 2



Ogni nodo corrisponde ad un libro, ed ha un colore più o meno scuro a seconda dell'anno di pubblicazione (i libri più recenti hanno un colore più scuro). La linea che collega due nodi è la distanza tra i due libri: più questi sono stilisticamente e tematicamente differenti, più sono lontani l'uno dall'altro.
Allora osservando il cluster in fondo alla rete, si può notare che la parte sinistra è più scura. Il progressivo scurirsi passando da destra a sinistra rivela che stile e temi sono cambiati nel corso del tempo: i libri più recenti si sono allontanati da quelli meno recenti. Si può anche identificare un gruppo di libri in alto separati dal cluster principale. Questo "satellite" rappresenta un gruppo di romanzi molto simili tra loro e allo stesso tempo molto caratterizzati e diversi dagli altri.

E' interessanti analizzare la rete anche per il genere dell'autore. Se si assegna un colore diverso ai libri-nodi delle scrittrici (grigio chiaro) e a quelli degli scrittori uomini (grigio scuro) si ottiene la seguente rete

Figure 3



Questa rete ci dice che i romanzi di scrittrici donne sono stilisticamente e tematicamente più affini tra di loro e meno a quelli di scrittori uomini. Si può infatti notare che la parte inferiore della rete è sostanzialmente formata da scrittrici, mentre i romanzi di autori uomini stanno nella parte superiore. La separazione tra scrittrici donne e scrittori uomini è anche evidente anche nel "satellite".

Quello che non emerge da questa rappresentazione, ma risulta dall'analisi numerica delle distanze calcolate, è che molti romanzi si collocano al di fuori del trend principale; attingendo ancora alla metafora del DNA, si tratta di "mutazioni" (outlier nel linguaggio statistico) outlier). E' l'autore di questa ricerca che definisce questi romandi come "mutazioni" e questa metafora è apparentemente perfetta, perché questa ricerca si basa su un'analisi quantitative delle parole contenute nei libri e proprio come i geni sono i mattoni fondamentali della biologia, le parole sono la materia prima delle idee. Due esempi di "mutazione" sono: "La capanna dello zio Tom" di Harriet Beecher Stowe, che si situa nel cluster degli scrittori uomini, e il romanzo "Belinda" di Maria Edgeworth che ha iniziato ad esercitare una certa influenza a 40 anni dalla pubblicazione. 

E' possibile capire se qualche nodo è più importante di altri? Usando delle misura di centralità (weighted in-degree, weighted out-degree e Page-Rank, quest'ultimo è l'algoritmo di Google) è stato assegnato un peso numerico ad ogni nodo sulla base del numero di collegamenti con altri nodi allo scopo di quantificarne l'importanza relativa. Il risultato è quello già svelato: Jane Austen e Walter Scott sono gli autori meno influenzati (i più originali) dagli scrittori predecessori e allo stesso tempo i più influenti in termini di longevità del loro pattern stilistico/tematico. Si possono considerate i progenitori in un ideale albero genealogico letterario costruito sulla base di affinità di stile e temi. 


Riferimenti 
Jockers M.L. “Macroanalysis: Digital Methods and Literary History” (University of Illinois Press, 2013)

giovedì 7 febbraio 2013

Scrivere è cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di...



«Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare, da qualche parte, un solco, una traccia, un marchio o qualche segno.»

Georges Perec, “Specie di spazi” (traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri)

sabato 2 febbraio 2013

Arte e realtà: il caso del Maxxi di Roma e la censura per motivi elettorali


Il contesto nel quale l'arte viene presentata deve essere asettico, l'arte non deve contaminare la società, i musei devono essere camere sterili senza punti di contatto con la realtà.

E' più o meno quello che ha dichiarato Giovanna Melandri (Presidente del MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo) vietando la proiezione del film documentario "Girlfriend in a coma" di Annalisa Piras e Bill Emmott, l'ex direttore dell'Economist, e sostenendo che un film che parla del declino del paese e del signor Bunga Bunga ha valenza politica ed è pertanto inadatto in campagna elettorale.

Dunque durante le campagne elettorali dobbiamo vivere in una bolla d'aria ossigenati solo dalle parole, dai programmi, dalle promesse dei politici; dobbiamo vivere in un villaggio Potemkin fatto di cartapesta colorata per nascondere rovine e detriti, in cui la realtà sfuma in irrealtà e viceversa e i protagonisti [sempre gli stessi] recitano copioni preconfezioni davanti ad un pubblico plaudente esibito come popolo (Barbara Spinelli, Il Rubygate e l'operazione banalità).
O piuttosto, come società, non è giusto che facciamo i conti con la realtà che politici disastrosi ci hanno consegnato? e li facciamo ora, subito, perché questo è il momento che conta, anziché rimuovere tutto per un attimo, rinviare a dopo, a qualche discussione oziosa in salotti eleganti.

Se il film documentario di Bill Emmott durante la campagna elettorale facesse scandalo, a maggior ragione il presidente di un'istituzione museale dovrebbe caldeggiarne la proiezione. L'arte è scandalo, perché uno scandalo è qualcosa che ci spinge a rimettere in discussione la nostra visione del mondo: proprio quello che cerca di fare l’arte migliore. Lo scandalo di per sé merita di essere considerato un’opera d’arte.

Forse, forse, che alla presidenza di istituzioni museali non dovrebbero andarci politici sensibili prima di tutto alle esigenze di altri politici?


Il trailer del film




Cosa racconta Girlfriend in a coma
Bill Emmott, Un paese che rifiuta la realtà

E speriamo in questa promessa



venerdì 1 febbraio 2013

Il venerdì nero della Sicilia

At sixes and sevens è amico degli animali e della natura, qui piacciono molto i versi di Nikos Katzanzakis:
Abbiate cura degli animali, delle mucche, delle pecore, degli asini; credetemi, anch'essi hanno un'anima, sono esseri umani, solo che hanno il pelo lungo e non sanno parlare; sono uomini d'un tempo remoto, date loro da mangiare; abbiate cura degli ulivi e dei vigneti, anch'essi un tempo erano uomini, ma tanto, tanto tempo fa e non hanno più memoria; l'uomo la conservi 
Per questo pubblico volentieri questa denuncia arrivata da amici. E' un racconto lungo ma per favore, leggete


Venerdì, 11 gennaio 2013: il venerdì nero della Sicilia inizia presto. Poco più tardi passa la gru che completerà la costruzione del MUOS nella sughereta di Niscemi 


Già all’una, in piena notte, numerosi mezzi, blindati e non, della polizia e dei carabinieri con centinaia di uomini in assetto antisommossa cinge un assedio spaventoso alla contrada Apa-Ulmo di Niscemi. Scopo dei blocchi, evidente e dichiarato (e forse pure annunciato dalle parole, solo all’apparenza prive di senno, di ministri tecnici e mestieranti della politica) è impedire il transito ai cittadini, siciliani e non, diretti al presidio No MUOS. Un presidio, peraltro, sorto su una proprietà privata di cui il movimento sta perfezionando l’acquisto.

Ma il perché di un tale schieramento contro semplici cittadini, pacifici, armati solo delle proprie ragioni (ragioni peraltro sancite dal buon senso prima ancora che dalle norme del diritto italiano e comunitario, dalla costituzione italiana e persino dalle convenzioni e dai trattati internazionali) non sfugge: quello schieramento vuole sì spaventare, dissuadere mi sembra inappropriato, ma non solo. Vuole spaventare, ma punta a impedire, riuscendoci, ai padri e alle madri di famiglia e ai numerosi ragazzi accorsi, anche solo di avvicinarsi al tragitto che seguirà la gru.

Già la gru: “grazioso” aggeggio meccanico che solleva quattro o cinquecento tonnellate sino a 165 metri di altezza. Avete sentito bene: 165 metri. Cosa solleveranno mai, stavolta? E tanto in alto? Niente di che, normale amministrazione per le arms-mafie e i signori della guerra: ciò che ancora manca all’arma perfetta per le guerre del terzo millennio. Ossia le parabole che completeranno la costruzione della stazione di terra del MUOS in Sicilia all’interno della riserva naturale Sughereta di Niscemi ove sorge una base militare a esclusivo uso della marina militare degli Stati Uniti. Per due mesi gli attivisti No MUOS con la loro pacifica azione di denuncia sono riusciti a ritardarne il passaggio. Oggi, di colpo, non possono più avvicinarsi: il governo italiano ha deciso, rendendosi complice, di fatto, delle logiche della guerra e degli interessi della shock economy, di un’economia basata sulla guerra e che realizza, in barba a ogni crisi, affari fiorenti e profitti miliardari. Profitti dell’industria bellica che hanno un alto, altissimo, costo sociale e umano: queste armi di Niscemi, a forma di tre antenne paraboliche, grandi ciascuna quanto un campo di calcio, posizionate su giganteschi pilastri di cemento armato alti 150 metri circa, causano gravi danni (oltre che all’ambiente e alla sua bellezza e varietà di flora e fauna) alla salute e alle attività umane, economiche o ricreative che siano. E non basta: il MUOS è circondato da 91 antenne (che, forse, ma non posso dirlo con certezza, nel frattempo sono diventate 95) alcune alte decine e decine di metri, una addirittura 150 metri. Antenne tutte utilizzate esclusivamente dalla marina militare americana, senza che lo stato italiano o la NATO vi abbiano il benché minimo accesso, per guidare droni (aerei senza piloti che stazionano in Sicilia, sempre più impiegati nelle operazioni belliche), sottomarini ad armamento nucleare, missili. Antenne che studi del politecnico di Torino, o compiuti da fisici indipendenti e da agenzie pubbliche di ricerca hanno accertato, non solo come nocive, ma come letali perché superano di molto i limiti consentiti dalla legge. Una legge aggirata anche dalla rigidissima normativa regionale che, con un codicillo al regolamento emanato il 5 settembre scorso, non si applica “agli ambiti militari”… Sic!

Chi arriva nelle prime ore di questo venerdì nero, i più in macchina, qualcuno a piedi, si trova dinanzi la polizia, nei suoi minacciosi equipaggiamenti, schierata davanti a fari accecanti, telecamere blindate e idranti puntati contro la gente. I mezzi sono schierati a bloccare le strade: una paletta intima l’alt, una folta pattuglia di irriconoscibili agenti armati di manganelli in mano e protetti da caschi e scudi circonda chi arriva. Realizza l’accerchiamento con fare svelto, professionale, distaccato e poi grida una sola frase: “di qua non si passa.” Se sei alla guida, provi a farfugliare qualcosa, se puoi fare inversione, mentre chi sta nel sedile accanto al tuo attacca un “la leucemia ce la prendiamo tutti, anche i vostri figli”, intanto armi da fuoco impugnate da altre mani guantate spuntano a dar manforte a chi minaccia l’uso del manganello. La frase cambia di poco, ma il tono è ancora più perentorio: “di qua non si può passare”. Dal buio spunta un altro agente, che si agita, tradendo l’aplomb dei suoi colleghi, e ti intima di abbassare le luci. Non avendo capito al volo, abbassi il finestrino, in cuor tuo stramaledici quel sant’uomo di Rosario Crocetta che se avesse revocato le autorizzazioni, lui che poteva, ti avrebbe risparmiato l’umiliazione di vederti un manganello sfiorarti il naso fin dentro la macchina perché non hai abbassato le luci che disturbano le riprese delle telecamere dal blindato. Capisci, però, che ti aspetta di peggio. E che il blitz notturno, perché è di notte che si muove chi ha qualcosa di losco da fare, perché il favore della notte arride ai signori della guerra, ti vedrà soccombere. Ma non ti arrendi subito, ragioni, cerchi di unirti ad altri, ti informi.

Saputo, con una certa approssimazione, dov’è arrivato il lento viaggio notturno della gru, se sei in mezzo a quella gente che almeno vuol vedere e poter raccontare a tutti quel che stanno facendo di notte e lontano dagli occhi della stampa locale e nazionale, percorri mille viottoli di campagna, fino a quando ne trovi uno non presidiato in armi e aggiri il blocco.

Sai che altri sono più avanti, stanno tentando di rallentare il transito della gru e del convoglio che la scorta: una colonna composta da una mezza dozzina di camion, molti mezzi e tanti uomini della polizia e dei carabinieri. Sai che quelli che sono andati un po’ più in là sono già stati sopraffatti, ma fai anche tu la stessa cosa degli altri: ti fermi e aspetti. Il freddo punge, le voci si rincorrono ai cellulari o con lo scambio di sms, il tempo passa in un attimo e arriva il convoglio. Alzi le mani, applaudi, ti fai vedere: si fermano. Provi a dialogare con i celerini (lo so che non si dice più così, ma non li voglio offendere, per carità), ma ti rendi conto che ti eri illuso: uno in borghese, in mezzo a quelli come te, si mette di lato e dice, teatrale: “Al tre!” Tutti lo guardano, lui scandisce: “Signori, u-no, due-e, TRE!”. Ti strattonano, in tanti, ti spingono, con gli scudi, con i manganelli con le mani guantate. Anche l’ultima resistenza è piegata. Qualcuno si rialza, grida, invoca. Un celerino, detto sempre senza offesa, si sofferma un momento e ti parla in siciliano — che arte, in mezzo fra il cinico e il qualunquista che gli hanno insegnato! — per dirti quello che non ti aspetti, quasi a giustificarsi: “Abbiamo l’ordine di farli passare, non possiamo fermarli, prendetevela con gli onorevoli che avete votato, non ce n’è al vostro paese?”

“Già, gran pezzo di rintronato”, gli vorresti rispondere, “io di gente così non ne voto”, ma lui si è già unito ai suoi colleghi. Peccato non portasse un cartellino identificativo, obbligatorio per tutti gli altri dipendenti delle pubbliche amministrazioni.