venerdì 29 gennaio 2016

I libri sono i muri portanti di una città

I libri sono i muri portanti di una città 

Books are the basis (somewhere in Russia)

Books are the basis. A smart street art spotted somewhere in Russia. It doesn’t look like a painting, but real books walled in a column (via EbookFriendly)

martedì 26 gennaio 2016

It's the books, stupid! Libri a Central Park

Rieccoci, in questa New York che oggi 26 gennaio sta tornando ai rumori ed ai ritmi usuali; il silenzio ovattato sceso sulla città con la neve sciolto nelle corse delle macchine, dei bus e della metro.
Ci eravamo lasciati da Rizzoli, la nuova sede un po' impersonale; non quella dalle atmosfere calde che abbiamo conosciuto nei film. Forse impararemo ad amare anche questa libreria, perché dopotutto è solo questione di abitudine e di tempo. 

Non so se a voi fa lo stesso effetto, ma a me in una città piace quel qualcosa che rompe l'uniformità di strade e case, case e strade; come la vista di un parco che si apre tra le vie.
Mi dà la sensazione di essere finalmente arrivato da qualche parte.Tutti, anche se stanno a New York solo per poco, prima o poi finiscono per arrivare a Central Park. 

Il binomio parchi e libri è come dire caffé e sigaretta, cinema e automobili, teatro e Shakespeare, due parole che si attraggono al di là di ogni ragionevole sensatezza. 
Ed eccoci allora a Central Park, con il desiderio di rilassarci un po' in mezzo alla natura - quella che si può trovare in una città - e con niente da fare se non sedersi sull'erba.
Il minimo è che dopo un po' vi venga in mente che dovreste andare giù fino allo Strand vicino a Union Square a comprarvi qualcosa da leggere a buon prezzo... che so Middlesex di Jeffrey Eugenides. 

Se decidete di lasciare Central Park sul lato di Sud-Est, verso la 59-esima strada e la Quinta Avenue, per andare verso la metro, con la coda dell'occhio, in direzione della 60-esima strada, in lontananza si intravedono delle forme familiari.

E man mano che vi avvicinate, se vi lasciate prendere dalla curiosità, riuscite anche a decifrare una scritta -   18 mile of books - e banchetti, una distesa di banchetti con tanti libri. 

Non è un miraggio, è il chiosco dello Strand, dove, non trascurabile, si può trovare Jeffrey Eugenides a 7 dollari. Non male, vero?

Ok, adesso vi devo confessare che oggi 26 gennaio quello che vi ho raccontato è solo un sogno. Oggi c'è neve ovunque e all'angolo tra la 60-esima e la Quinta Avenue i chioschetti non ci sono ed è inutile girare attorno nei paraggi come un cane che ha perso il padrone.  Lo Strand apre i suoi chioschetti con l'arrivo della primavera. Da aprile a dicembre. Una ragione di più per aspettare impazienti che passi l'inverno.


It's the book stupid

martedì 19 gennaio 2016

La poesia e la jihad


Qualche giorno fa ho visto al cinema The Walk, la storia di Philippe Petit, il funambolo famoso per aver camminato su un filo sospeso tra le Twin Towers. La sua prima impresa che fece il giro del mondo fu di camminare su un filo teso tra le due torri campanarie di Notre Dame a Parigi, e in occasione di quel fantastico exploit, i giornali definirono Philippe un giovane e valente poeta.
La poesia come azione, gesto, atto dimostrativo. Mi viene in mente Christo che "impacchetta" monumenti, anche se sono gesti confinati in un mondo dell'arte lontano dal quotidiano.

Per capire la forza che la poesia può avere sui nostri pensieri, bisogna rifarsi a Elisabeth Kendall, senior research fellow al Pembroke College.

Il Pembroke College si trova proprio dietro la chiesa di St Aldates. Non ti puoi sbagliare: devi arrivare a Christ Church, che non passa inosservato con la Tom Tower che sormonta l'ingresso del college dove hanno girato le gloriose scene di Harry Potter.  All'83 della stessa strada, c'è un piccolo negozio dalla porticina rossa, Alice's Shop... ma quella è un'altra storia. In lontananza i profili frastagliati degli edifici universitari spiegano perché Oxford è chiamata la città delle guglie sognanti.

Elisabeth Kendall è autrice di uno studio in cui spiega che la poesia è uno strumento estremamente efficace per l’arruolamento dei jihadisti. Il potere della poesia nello stimolare emotivamente, nel creare un’aurea di tradizione, di autenticità e legittimità sulle ideologie di cui si arricchisce, la rende un’arma ideale. E gli jihadisti la usano perché hanno visioni estremiste che se espresse in maniera semplice non avrebbero presa. La bellezza della lingua, l’intonazione, il ritmo che caratterizzano le antiche poesie della tradizione araba lasciano un segno. Su YouTube, dove alcune di queste poesie ricevono molte visualizzazioni, il loro effetto è amplificato dall’uso di immagini - spesso di jihadisti che si esercitano o di bambini uccisi in Iraq e a Gaza - e da una musica lieve in sottofondo. Immagini, musica, parole.

Attraverso mmagini di felicità, ricompensa, onore, vittoria e salvezza,  attraverso immagini di miseria, oppressione, corruzione,  punizione, vergogna e dannazione, la poesia ha la capacità di rendere al presente l'eterna lotta tra il bene e il male. E il suo effetto è quello di trasformare le parole, il ritmo, la bellezza dei suoi versi, di convogliarli in un gesto supremo. Come questi versi che celebrano un kamikaze:

Sono tra loro, un fantasma che esaspera la loro tortura.
Non sapranno nulla del mio andare e venire
fino a quando la distruzione scenderà su di loro
e in moltitudine cadranno

Sono versi che celebrano la paura delle vittime ed esaltano il senso di potere del kamikaze che muore sereno con il sorriso sulle labbra anziché tremante di paura.

La poesia riesce ad arrivare nel  profondo della psiche attraverso un cocktail micidiale di tecniche: immagini potenti, allusioni storiche, parallelismi, bellezza linguistica, rime, ritmo, metrica. Quando tutto questo viene posto
al servizio dell'eterna e apocalittica lotta tra il bene e il male, presente in tutte le tradizioni religiose e letterarie, la poesia riesce a conferire un'area di autenticità ai messaggi veicolati e ad alimentare il fuoco dell'assoluto.

Insomma, la poesia è fatta per sedurre menti. Qualcuno l'ha capito.

martedì 12 gennaio 2016

Scrivere bene? è sexy, bellezza!


Ehi, voi che state passando di fretta su questo blog, slow down, please. Ho una storia da raccontarvi.

Qualche giorno fa stavo ascoltando questa TED Conference: A Darwinian Theory of Beauty; non è necessario che clicchiate sul link per andare a sentirla, perché la storia che vi devo raccontare è leggermente diversa. 
E' imbarazzante ammetterlo, ma mentre stavo ascoltando Denis Dutton, che insegna filosofia dell'arte alla University of Canterbury in Nuova Zelanda, mi sono appisolato, giusto un momento - but, ehi I'm not joking, that TED Conference is really interesting.
Quando mi sono ripreso... non so cos'è successo tra le sinapsi del mio cervello, ma mentre Dutton stava parlando del pavone e della sua coda, ho pensato: "caspita, questa teoria sulla bellezza calza a pennello per la scrittura".

Mi spiego. Avete mai preso un libro in mano ed esclamato:"Wow, è scritto benissimo", magari a proposito di uno scrittore di cui non avevate mai letto nulla. E in quel preciso momento, in quel preciso momento, avete la sensazione di esservi imbattuti in un vero maestro. Ecco, quel "è scritto benissmo" ci fa venire voglia di leggere: la bellezza di una pagina scritta bene. 

C'è un detto secondo cui la bellezza è negli occhi di chi guarda... o di chi legge, come in questo caso. Se così fosse saremmo culturalmente condizionati a pensare che un certo tipo di scrittura è bella, che alcuni autori scrivono bene a prescindere. Oppure c'è qualcosa di universale, che va oltre il relativismo culturale, ed è inerente a ciò che percepiamo come bello?

E' qui che la teoria darwininana della bellezza di Denis Dutton viene in aiuto. 


Scrivere bene? è la sopravvivenza, bellezza!

Secondo Denis Dutton, il senso della bellezza è legato al nostro istinto di sopravvivenza. I dipinti più apprezzati, trasversalmente in tutte le culture, sono invariabilmente i paesaggi. In particolare i paesaggi in cui sono dipinti prati, magari delimitati da piccoli boschetti, in cui compaiono animali, c'è dell'acqua. In altre parole, i dipinti di un eco-sistema perfetto in cui i nostri antenati cacciatori-raccoglitori potevano prosperare.

Siamo attratti da ciò che favorisce la nostra sopravvivenza.
E avete mai fatto caso che i libri sono pieni di descrizioni di paesaggi? A me per esempio sono sempre piaciute moltissimo le descrizioni dei paesaggi di Hemigway in Verdi colline d'Africa:
Eravamo discesi fino a Rift Valley per una rossa strada sabbiosa attraverso l'altipiano, poi su e giù per le colline cosparse di alberi da frutta, intorno a un tratto di foresta, sino alla cresta di quella muraglia da cui si potevano vedere la pianura, la spessa giungla che si stendeva sotto e il lungo scintillio del lago Manyara con le sue rive secche e un'estremità tutta rosa per mezzo milione di minuscoli punti che altro non erano che fenicotteri.

Bello vero? Non è soltanto evocativo - la bravura dello scrittore sta anche nel legare il paesaggio al sentimento, inglobarlo nella storia - la scena descritta da Hemingway è semplicemente bella.

Oppure la descrizione di Piazza Sarzano, di Dino Campana, che trovo formidabile:
A l’antica piazza dei tornei salgono strade e strade e nell’aria pura si prevede sotto il cielo il mare.L’aria pura è appena segnata di nubi leggere. L’aria è rosa. Un antico crepuscolo ha tinto la piazza e le sue mura.E dura sotto il cielo che dura, estate rosea di più rosea estate.Intorno nell’aria del crepuscolo si intendono delle risa, serenamente, e dalle mura sporge una torricella rosa tra l’edera che cela una campana: mentre, accanto, una fonte sotto una cupoletta getta acqua acqua ed acqua senza fretta, nella vetta con il busto di un savio imperatore: acqua acqua, acqua getta senza fretta, con in vetta il busto cieco di un savio imperatore romano.
L'acqua fresca, il cielo, gli uccelli, l'evocazione del mare... un'immagine serena.


Il virtuosismo è sexy

Se è vero che troviamo il bello in ciò che ci aiuta a sopravvivere, la coda del pavone è l'eccezione che conferma la regola.
Quando il pavone sfoggia la sua coda, non lo fa per sfuggire ai predatori o imporsi in una gara di forza, ma lo fa per attrarre le femmine. Lo stesso accade per noi: percepiamo la bellezza non solo in ciò che ci aiuta a sopravvivere ma anche in ciò che ci permette di metterci in mostra al meglio per... svariati motivi.
Quando si scrive con abilità, intelligenza, dimostrando di saper usare il linguaggio si mostra forza intellettuale, fascino, carisma, le doti migliori per superare la selezione naturale. Come dice Dutton "Gli esseri umani hanno un gusto innato permanente per il virtuosismo. Troviamo la bellezza in qualcosa di ben fatto".
Per dirla tutta, scrivere bene è sexy.


Per quanto mi riguarda, il suono delle parole, il ritmo, le immagini di una pagina scritta bene mi fanno sognare. Che sia sempre e solo Darwin a spiegare la materia di cui sono fatti questi sogni?

venerdì 8 gennaio 2016

Un libro nella neve

Ho tentato di capire di che libro si tratta. Invano. Forse qualche lettore più competente di me è in grado di riconoscerlo (cliccate sopra l'immagine per zoommare). Please, let me now sono curioso come una scimmia di sapere!

Book in the snow

martedì 5 gennaio 2016

Il tao della lettura ovvero Che la lettura sia con voi


E' inizio d'anno, è tempo di bilanci. In giro si vedono classifiche, statistiche sullo stato di salute degli ebook, del self-publishing. Su Amazon, si può dare un'occhiata ai Kindle Indie Books pubblicati nell'anno. Considerazioni di mercato, storie di successo - come quella di Rachel Abbott, scrittrice indie raccontata dal Guardian, e poi numeri, numeri... io amo i numeri, ma se mi piace scrivere, se ci piace scrivere, è perché siamo un po' sognatori.

La ricerca
E' allora che per caso mi è capitato sotto mano una ricerca di un gruppo di scienziati canadesi pubblicata sul Creativity Research Journal - titolo carino, vero? per una rivista scientifica. I know reading scientific articles is not the most exciting thing but... se dobbiamo aggiungere alle nostre vite un pizzico di razionalità, perché non farlo come questi ricercatori della University of Toronto?

Il tema è affascinante: On Being Moved by Art: How Reading Fiction Transforms the Self. 
Io che sono un pessimo traduttore direi "Essere toccati dall'Arte: come la lettura della narrativa ci trasforma".

In questi giorni che ho passato un bel po' di tempo in coda per andar per mostre, ne ho avuto esperienza. Avete mai notato come sono diverse le persone in coda davanti ad un museo da quelle, per esempio, alla posta? ;)
E sarà capitato a tutti che dopo aver visto dei quadri che hanno smosso qualcosa dentro di noi, ci si senta trasformati, quasi meglio.
Io non avevo idea che ci fosse un modo per misurare queste cose, ma i ricercatori canadesi sono andati un po' oltre l'impressione da strada che l'arte ci migliora e si sono posti il problema di valutare se leggere un romanzo o un racconto abbia il potere di cambiarci, come un'opera d'arte che ci emoziona profondamente. Affascinante, no?

Quello che invidio agli scienziati è la capacità di semplificare. Dunque, cos'hanno fatto i nostri per misurare il potere della lettura? Hanno chiesto a 166 persone (112 donne e 54 uomini) di compilare un questionario al fine di valutare la loro personalità. Quelle domande tipo: su una scala da 1 a 5, quanto ti senti depresso o triste? oppure:su una scala da 1 a 5, hai curiosità in ambiti diversi? 
Poi hanno diviso in maniera casuale i 166 volontari in due gruppi. Al gruppo chiamato sperimentale hanno assegnato in lettura un capolavoro letterario - un racconto - e agli altri 83 hanno assegnato in lettura la stessa storia riscritta in termini di eventi raccontati dalla coppia protagonista, come se fossero davanti a un tribunale per una richiesta di divorzio, quindi privata della sua forma letteraria.
Lettura di capolavoro letterario vs lettura di documentazione legale. Stesso numero di parole, stessa leggibilità (numero medio di parole per frase). Semplice, no?

Il capolavoro
E il capolavoro letterario, scelto? Ve lo svelo con emozione: La signora col cagnolino!
Per me è il racconto di Cechov più bello. Più bello di Corsia numero 6, più di Monaco nero, più di La casa col mezzanino; con un incipit (lo ricordo a memoria, come Anna Karenina) così semplice, piano, che dà un senso di calma:
Si diceva che una faccia nuova aveva fatto la sua comparsa sulla passeggiata lungo il mare: una signora con un cagnolino.
Ho iniziato a fantasticare sul perché dei ricercatori canadesi avessero scelto un capolavoro russo anziché uno della letteratura inglese. Poi mi sono appellato alla razionalità degli scienziati: secondo me avevano bisogno di un capolavoro letterario che nessuno dei volontari avesse mai letto e che fosse facile riscrivere in forma non letteraria, per quella scintilla di verità che illumina una storia comune.

La forza della lettura
Oh sì, i risultati. L'ipotesi di partenza era che la lettura di un racconto letterario avesse come conseguenza un cambiamento nei tratti della personalità. E i dati raccolti su 166 volontari effettivamente confermano un cambiamento percepito nei tratti della personalità, almeno in quelli misurati - l'estroversione, la socievolezza, la coscienziosità, la stabilità emotiva e l'apertura mentale - nel loro complesso. Ed un importante effetto mediatore è svolto dalle emozioni indotte dalla lettura. Insomma, è la qualità delle emozioni indotte da una capolavoro letterario, la loro complessità, la profondità, l'intensità, che potenzialmente può favorire il processo di cambiamento.

Affascinante, vero?

Leggendo questa ricerca mi sono chiesto più volte se qualcosa di simile è stato fatto anche per la scrittura; se la scrittura creativa ha un potere simile alla lettura. E pensando alla vita di molti scrittori e artisti, mi viene da fantasticare sulla natura della forza della scrittura: sarà buona oppure oscura? ;)