Ecco, un breve racconto o un racconto breve. Spero vi piaccia. Ogni commento è moolto gradito ;)
È un’estate strana, dal passo un po’ sfatto che zoppica
verso l’autunno. Il caldo soffocante, umido di agosto è solo un ricordo.
La città sembra un plastico: è pulita, ordinata, con le
macchine incolonnate, giacche e cravatte in fila per andare al lavoro; studenti
agli angoli di strade acciottolate che hanno più anni dei loro trisnonni. Tutti
con una destinazione, un posto verso cui andare. Al mattino, col fiume alle
spalle, quasi tutto è dovere.
“Green is go,
red is no” è l’ultima cosa che il taxista gli dice prima di lasciarlo
davanti alla stazione di L’Enfant Plaza. “We
have coloured roofs and well manicured parks” sente raccontare alle spalle,
e con la coda dell’occhio vede un gruppetto di persone. Un giovane, grisaglia elegante, giacca sbottonata, scarpe comode
e cuffie nelle orecchie si avvicina e chiede proprio a lui:
“Hey
y’all got a cigarette?”
“I
don’t smoke”.
“Where
you working?”
“Today
at the metro station”.
“Wut?!”
Era uscito con una semplice maglietta, un paio di
jeans, un cappellino in mano e le solite sneakers; lo strumento lo portava a
tracolla in una custodia rigida blu.
Prima di entrare a L’Enfant Plaza si guarda alle
spalle un’ultima volta. Nella stazione ci sono negozi, bar, un chioschetto che
vende giornali, una che ha l’aria di essere brasiliana e lucida scarpe. Si
piazza lì accanto. Gli sembra proprio un buon posto. Il suo dirimpettaio è un distributore automatico
di biglietti della lotteria, molto frequentato. Dà un’altra occhiata in giro,
si mette in disparte dal flusso arrembante di gambe, guarda le facce. Tutti
hanno fretta, fretta dentro, anche chi fa la coda per il biglietto.
In controtempo, con calma, si piega sulle ginocchia e
appoggia con cautela sul pavimento la custodia blu. Mentre la apre, raccoglie e
fa scivolare dentro un biglietto scartato della lotteria, con lo zodiaco disegnato sopra una ruota della
fortuna girata come sempre dalla parte sbagliata.
“Today you can buy a violin for 100 dollars that sounds just as good as
anything Antonio Stradivari made 300 years ago” commentano due che gli passano accanto
come un soffio di vento. Lui impugna il manico, come
se dovesse tirare fuori da un sacco di guai un piccolo gatto prendendolo per la
collottola.
La corda di un violino vibra generando un’onda
stazionaria. L’oscillazione prodotta dall’archetto crea un’onda che si propaga
verso i due nodi fissi agli estremi della corda. Arrivata all’estremità l’onda
si riflette e si propaga nel verso opposto generando riflessioni consecutive. Ad
ogni riflessione, si produce uno sfasamento che a sua volta genera onde: una
con tre nodi, di cui uno al centro, e poi una con quattro e così via. Sovrapponendosi,
le onde creano un’onda maggiore che non si propaga più nello spazio ma vibra. La
vibrazione a due nodi produce la nota fondamentale, tutte le altre generano le
armoniche superiori.
Davanti a lui non c’è nessuno. Inizia piano a suonare
la Ciaccona: otto battute ripetute e variate in una progressione ritmica di
forme sempre nuove. Le note, lacerate come il suo cuore. Ma la gente passa e
ignora quel violinista che si arrampica con le dita sulle corde come un acrobata
farebbe in mezzo a cristalli. E dopo Bach, Schubert e Manuel Ponce e Massenet e
ancora Bach.
Suona e continua a suonare mentre tutti hanno fretta,
come di scappare dal loro destino. Emergono in superficie portati da cascate di
scale, nuotano nella corrente delle sue note e scivolano via. Un paio di anni
prima era morto un barbone in quella stessa stazione e non se n’era accorto
nessuno, o forse sì ma comunque nessuno si era fermato. I giornali erano usciti
con una breve di cronaca e avevano pontificato sull’indifferenza.
È da quarantatré minuti che suona il suo Stradivari davanti
alla metro di L’Enfant Plaza come se fosse un musicista di strada qualunque,
lui che fino a ieri metteva il frac nei teatri eleganti, la gente pagava per
sentirlo suonare e soffocava i colpi di tosse fino a quando il silenzio finale
e l’applauso libera tutti. Mentre qui qualcuno gli lancia uno sguardo veloce o al
più qualche monetina. Monetine!
Il distributore di biglietti della lotteria tintinna
il via vai della mattina. È il suo accompagnamento disarmonico. Tra una pausa e
l’altra manca il silenzio, è come avere un’orchestra impazzita alle spalle. Non
basterebbero dieci maestri a fermarne la cacofonia.
A volte qualcuno rallenta il passo, si ferma una
manciata di secondi, per ascoltare le note in crescendo che escono dal violino
di quel tizio che si agita sotto un cappellino da baseball. Cintia è tentata di
fare un’eccezione: è bravo quel violinista accanto al suo bugigattolo da lucida
scarpe, ma è una questione di spazi e di principio.
“Hey you” gli grida dietro.
Lui forse non sente, continua a suonare. Lei si avvicina, esplosiva, scuotendo
la testa piena di riccioli.
“Hey you. Every damn day I’m
here shining shoes and sweeping up. Shall
I call the police?”
La guarda, col violino in mano, senza dire
niente. I suoi occhi stupiti.
Il tono di Cintia si fa meno duro.
“You are too loud. Don’t
let me hear my customers! Move
there!” e gli fa segno con la mano di allontanarsi un po’ e
poi il cenno di un sorriso.
Lo vede anche lei che non è il solito musicista di
strada. Signori, non gratta via la solita lagna, anche se da queste parti in
pochi fanno caso alla musica, ed è per questo che non c’è bisogno di essere
bravi. Bastano quattro note, un po’ di melodia ogni tanto per ricordare a chi è
di passaggio che c’è anche la vita, un’anima, il mondo e non solo il lavoro. Oh,
Brahms... goodbye my times. Lui continua
a suonare, qualcuno si ferma: due monetine, un biglietto da un dollaro. È niente
male il sottofondo, è un piacere a buon prezzo per quest’angolo di mondo con la
gente che corre; fosse magari un ritmo più allegro, un pochettino di jazz.
Dopo un’ora gli saranno passati davanti... mille persone? più o meno il
flusso dell’ora di punta. Posa il violino, conta l’incasso: trentadue dollari e
diciassette centesimi; tre cents a testa scivolati di tasca, insieme alla
fretta, nella custodia del suo Stradivari. Sì, può cavarsela persino senza un
agente. Trendadue dollari e diciassette centesimi c’è chi non riesce a metterli
insieme in un’intera giornata. Ma lui può cavarsela e adesso è ora di andare. Là
dietro le porte c’è il sole che brilla, sembra quasi primavera, questa giornata...
sì è tempo di andare, a vivere, lasciare
il posto al prossimo suonatore... mentre alle spalle continua il via vai, passi
su passi, cascate di scale, sguardi diritti, mani aggrappate alle borse, facce
serie. Tutti guardano avanti, attenti a dove mettono i piedi, come se non
volessero lasciarsi cambiare dal mondo.
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